• Gennaio 5, 2022

Recentemente definito un prodotto altamente dannoso dal punto di vista nutrizionale e ambientale, l’olio di palma ha sostituito i grassi più comuni (burro, olio extravergine di oliva) in una grande varietà di prodotti alimentari, inclusi quelli per bambini come biscotti, crackers, merendine, e addirittura nel latte per neonati, con quantitativi importati in Italia che, secondo un’indagine condotta dalla Coldiretti, sono aumentati di dieci volte negli ultimi 15 anni.

L’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sulla base delle evidenze scientifiche, ha reso noti i possibili effetti tossici e cancerogeni di alcuni contaminanti che si sviluppano durante il processo produttivo nell’olio di palma: i glicidil esteri degli acidi grassi (GE), il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), il 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e relativi esteri degli acidi grassi. Tali sostanze si formano durante le lavorazioni alimentari, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200° C).

Tuttavia le sostanze dannose che si formano durante i processi di produzione, non sono presenti solo nell’olio di palma, ma anche in altri oli vegetali; la maggior parte dei grassi contenuti negli oli vegetali, infatti, viene sottoposta al processo di idrogenazione (conosciuto per la produzione della margarina) un processo che converte i legami chimici, rendendo il prodotto finale vicino allo stato solido a temperatura ambiente e che è fortemente correlato al rischio di malattie infiammatorie e cardio vascolari. Molte pietanze dei “fast food” vengono preparate friggendole in oli vegetali parzialmente idrogenati che contengono elevati livelli di grassi trans dannosi per la salute. A causa degli effetti nocivi di queste sostanze, alcuni paesi, ad esempio la Danimarca, ne hanno limitato l’utilizzo nei ristoranti.

La presenza di tali sostanze dannose nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati, aumenta il rischio di patologie per il consumatore medio di tali alimenti, in tutte le fasce d’età.

L’esposizione dei neonati a sostanze genotossiche e cancerogene è motivo di grande preoccupazione, in quanto in alcuni casi, in alimenti per i neonati, è stato riscontrato un quantitativo fino a dieci volte superiore al livello considerato a basso rischio per la salute pubblica.

Alle preoccupazioni per l’impatto sulla salute a causa dell’elevato contenuto di acidi grassi saturi, si aggiungono peraltro quelle dal punto di vista ambientale perché, come riporta la Coldiretti, l’enorme sviluppo del mercato dell’olio di palma sta portando al disboscamento selvaggio di vaste foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione. La palma (Elaeis guineensis) da cui si estrae questo olio è coltivata soprattutto in Indonesia e Malesia: questi soli due paesi producono circa l’ 87 %  di tutto l’olio di palma usato nel mondo. L’olio di Palma  ha un impatto devastante sulla biodiversità e sugli ecosistemi ambientali in quanto è responsabile della distruzione di molte foreste tropicali e attualmente costituisce una delle cause principali di scomparsa  delle ultime foreste dell’isola di Sumatra (Indonesia) dove vivono oranghi, elefanti e tigri e rinoceronti, tutte specie ridotte a poche centinaia di esemplari in una manciata di decenni. L’industria alimentare sta facendo la sua parte eliminando l’olio di palma insostenibile dai suoi prodotti sostituendolo con olio di palma prodotto responsabilmente.

Per consentire scelte di acquisto consapevoli da parte dei consumatori è stato introdotto il 13 dicembre 2014 nella legislazione comunitaria sotto il pressing della Coldiretti l’obbligo di specificare in etichetta la natura dell’olio eventualmente utilizzato nei prodotti alimentari confezionati.

Non è più possibile pertanto utilizzare la dicitura generica olio vegetale, giocando sul fatto che nella nostra tradizione quando si pensa all’olio si pensa a quello di oliva, ma si deve indicare con precisione di quale olio si tratta.

Per i prodotti venduti sfusi al forno o in panetteria – precisa la Coldiretti – deve essere sempre esposto e a disposizione dei consumatori, l’elenco degli ingredienti utilizzati.

Al fine di ridurre i rischi per la salute umana, gli esperti dell’ EFSA hanno stabilito una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno (µg/kg di peso corporeo/giorno) per 3-MCPD e i relativi esteri degli acidi grassi.

Tuttavia i dati presenti in letteratura, riguardo il potenziale tossicologico di tale dose non sono sufficienti  a stabilire un livello sicuro per il 2-MCPD”.

Ulteriori studi mirati alla valutazione del rischio forniranno informazioni utili agli esperti della Commissione europea e degli Stati membri per regolamentare la sicurezza alimentare nell’UE e gestire i potenziali rischi per i consumatori legati all’esposizione a tali sostanze negli alimenti.


Fonti: EFSA e Coldiretti